Il 31 maggio del 2009 - in occasione della presentazione presso il Teatro di piazza Cappuccini a Palermo del libro di Marilina Graziano Come il suono di un violino, Umberto Polizzi Editore - l’ Associazione Culturale Dialoghi e Profezia ha prestato la propria opera sia collaborando nella organizzazione dell’evento sia nella concreta realizzazione partecipando con i suoi Associati e, in particolare col Presidente Giangiacomo Pampalone che ha condotto la serata facendo da moderatore degli interventi dei diversi relatori.
Come il suono di un violino è stata la prima opera narrativa di Marilina Graziano, dopo un’intensa produzione saggistica. L'opera è un racconto che attraverso i ricordi di un’intera vita ripercorre quelle della protagonista Teresa e della sua famiglia, dalla Roma del secondo dopoguerra alla cittadina marinara di San Vito Lo Capo. E' la vita di Teresa, quella che fu, quella che potrebbe essere e forse sarà.
Il romanzo è una dichiarazione d’amore della protagonista verso i propri cari, i genitori e i figli, nonché verso il paese della propria infanzia “officina” della prima giovinezza, del quale rievoca le bellezze antiche e i caratteristici odori come quelli del gelsomino e del couscus. Lo sguardo si posa sulle mani rapide del padre liutaio che dà forma ai violini e sul musicista che accarezza le note della sua musica. Allo stesso modo Teresa accarezza gli eventi della propria vita, gli amori e i luoghi, i primi balli e le prime gesta epiche, le paure di bambina davanti ai gesti rituali e le prime ribellioni adolescenziali.
Il racconto tocca pure note che la vita scrive stridenti e oscure. Sarà questa l'occasione per svestirsi forzatamente delle convinzioni di facciata e dei pregiudizi per capire quel che succede, perché solo chi vive pienamente la vita rende davvero. Talvolta, la nota stonata risuona in quegli ambienti dove la tenerezza e la carità sarebbero normali, anzi dichiaratamente costitutive. Alla fine, però, Teresa riuscirà a vedere la luce, a guardare con occhi e cuore nuovi, trovando nel Vangelo - lì sì, finalmente - la chiave di violino, la migliore, l’orecchio “assoluto”, per ascoltare e "fare ascoltare".
Il romanzo è una dichiarazione d’amore della protagonista verso i propri cari, i genitori e i figli, nonché verso il paese della propria infanzia “officina” della prima giovinezza, del quale rievoca le bellezze antiche e i caratteristici odori come quelli del gelsomino e del couscus. Lo sguardo si posa sulle mani rapide del padre liutaio che dà forma ai violini e sul musicista che accarezza le note della sua musica. Allo stesso modo Teresa accarezza gli eventi della propria vita, gli amori e i luoghi, i primi balli e le prime gesta epiche, le paure di bambina davanti ai gesti rituali e le prime ribellioni adolescenziali.
Il racconto tocca pure note che la vita scrive stridenti e oscure. Sarà questa l'occasione per svestirsi forzatamente delle convinzioni di facciata e dei pregiudizi per capire quel che succede, perché solo chi vive pienamente la vita rende davvero. Talvolta, la nota stonata risuona in quegli ambienti dove la tenerezza e la carità sarebbero normali, anzi dichiaratamente costitutive. Alla fine, però, Teresa riuscirà a vedere la luce, a guardare con occhi e cuore nuovi, trovando nel Vangelo - lì sì, finalmente - la chiave di violino, la migliore, l’orecchio “assoluto”, per ascoltare e "fare ascoltare".